Il Coronavirus ha avuto un impatto devastante a livello mondiale non solo da un punto di vista sanitario, ma anche economico. La maggior parte dell’economia mondiale gira proprio intorno alla Cina che, per causa di forze maggiori, ha dovuto tagliare notevolmente la domanda di petrolio.
Questo effetto domino ha paradossalmente provocato una situazione positiva, almeno per camionisti e automobilisti, rappresentata dal calo del prezzo del petrolio e quindi del gasolio. Secondo i dati forniti dal Ministero dello Sviluppo Economico il prezzo medio settimanale del gasolio a metà gennaio era di 1.493,37 euro, a fine gennaio era di 1.482,32 euro e ad inizio febbraio era di 1.468,97 euro.
Quanto pesa la crisi della Cina?
La Cina consuma mediamente un quantitativo di 14 milioni di barili al giorno, quasi l’equivalente del consumo medio di Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Giappone e Corea del Sud. É quindi facile capire quanto abbia impattato sulla produzione di petrolio lo stop della Cina.
Innanzitutto sono stati sospesi tantissimi voli verso la Cina, una situazione che ha quasi del tutto azzerato i consumi relativi al traffico aereo. La stessa circolazione dei veicoli si è praticamente dimezzata ed i costi legati alla produzione industriale sono calati drasticamente.
La Sinopec, un gruppo petrolifero e petrolchimico cinese, ha deciso di ridurre la raffinazione giornaliera a 600mila barili per contenere le perdite.
Cina, un gigante dai piedi d’argilla?
Il Coronavirus tuttavia non è stato la causa principale della crisi della Cina, ma ne ha semplicemente smascherato le falle. Nel 2019 infatti 6 grandi società private sono fallite a causa di un grande indebitamento. Il sistema basato sui debiti sembra essere una pratica comune in Cina, tant’è che le società sono solite garantirsi reciprocamente i debiti. Le reali passività delle aziende quindi restano nascoste fino a quando l’economia tira, ma al primo vero intoppo escono fuori tutti i problemi. Insomma ancora prima dell’esplosione del Coronavirus l’economia cinese era malata, anche se con disturbi asintomatici.
Il crollo della domanda del greggio ha dimezzato anche la sua quotazione. Si è quindi creato un processo a catena che ha notevolmente abbassato i prezzi alle pompe di benzina con un drastico calo che sfiora il 20%.
I paesi produttori si stanno adeguando a questa nuova condizione ed infatti l’OPEC sta valutando l’ipotesi di tagliare la produzione a 500mila barili al giorno. L’Arabia Saudita, uno dei principali produttori mondiali di petrolio, deve tenere i conti pubblici in ordine e trovare le risorse finanziarie adeguate per diversificare la produzione. Il 5 ed il 6 marzo è in programma il vertice OPEC per fare il punto della situazione e adottare le misure più adeguate.
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