Il tema dei rimborsi delle spese per il settore dell’autotrasporto, come per tanti altri segmenti commerciali nazionali, ha sempre stimolato un dibattito acceso e quasi mai giunto ad una conclusione su quanto prevedono realmente le disposizioni di legge. Le interpretazioni, infatti, troppo spesso hanno lasciato il passo ad una chiarezza regolamentare che avrebbe sicuramente aiutato nel mantenere una stabilità professionale, soprattutto in un mercato come quello del trasporto e della logistica dove questo tipo di tematiche sono all’ordine del giorno. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, sembra aver colto la richiesta arrivata a gran voce da parte di tutti gli operatori, spiegando nel dettaglio come applicare le regole in tema di rimborso chilometrico da trasferta, ovvero per quanto concerne il riconoscimento di importi monetari al dipendente che svolge funzioni lavorative al di fuori del comune in cui l’attività risiede. Tra le novità spicca un elemento che certamente non farà contenti i dipendenti e gli autotrasportatori che, ogni giorno, con passione e devozione, si mettono in marcia verso mete lontane.

Le precisazioni dell’AdE

Come detto, il rimborso chilometrico da trasferta interviene in favore del dipendente che ottiene, in base alla distanza effettivamente percorsa, un’erogazione di denaro proporzionale a copertura delle spese già sostenute dallo stesso tramite le proprie economie. La legge ammette questo tipo di pratica e, inoltre, non sottopone le cifre a tassazione, considerando il rimborso chilometrico come forma di risarcimento diretto nei confronti di una spesa sostenuta in prima persona dal lavoratore con mezzi propri. In linea generale vale questa regola, ma l’Agenzia delle Entrate sembra smentire in parte la visione, con le motivazioni contenute nella Risoluzione 92/E del 30 ottobre 2015. Infatti il rimborso chilometrico è detassato solo quando viene erogato ai dipendenti in trasferta fuori dal Comune in partenza dalla sede di lavoro. Se, alternativamente, il momento in cui scatta il conteggio chilometrico è localizzato con l’abitazione del dipendente, il rimborso rimarrà detassato solo se la distanza percorsa per raggiungere il luogo d’arrivo è inferiore a quella eventualmente percorsa nel caso la partenza fosse avvenuta dalla sede dell’impresa.

Cosa succede con la nuova disposizione

La precisazione da parte dell’AdE apre uno scenario completamente nuovo rispetto al passato. Se, infatti, i chilometri percorsi dall’abitazione alla località di arrivo sono maggiori rispetto a quelli che si sarebbero percorsi partendo dalla sede fiscale dell’impresa, ecco che si darebbe vita ad un reddito imponibile e soggetto, quindi, a tassazione. Gli esponenti dell’Agenzia delle Entrate hanno, inoltre, voluto ribadire che per ottenere l’esenzione dalla tassazione su rimborsi, in linea generale, il datore di lavoro deve sempre presentare una documentazione accessoria che certifichi l’applicazione delle tabelle ACI per l’individuazione del costo chilometrico.

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1 Commento

  1. Luigi Conte
    16 Novembre 2015 at 11:23 — Rispondi

    @ Rosario Maddaluno

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